Appalti: “Dovere” del ricorrente impugnare l’aggiudicazione della gara con motivi aggiunti
Tar Lazio – Roma, Sez. II, sentenza n. 610 del 15 gennaio 2021
Il T.A.R. per il Lazio – Roma, con la sentenza n. 610 del 15.01.2021 ha dichiarato inammissibile il gravame poiché la ricorrente non ha impugnato con motivi aggiunti l’aggiudicazione della gara ex art 120, c. 7 del codice del processo amministrativo.
Il fatto
La ricorrente ha partecipato ad una gara per l’affidamento dei servizi relativi alla gestione integrata della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro per le pubbliche amministrazioni.
Dopo essere stata esclusa dalla gara ha gravato in via giurisdizionale sia il provvedimento di esclusione da diversi lotti, che quello di escussione delle relative cauzioni provvisorie.
La procedura di gara è andata nel frattempo avanti e la stazione appaltante ha adottato il provvedimento di aggiudicazione del lotto indicato in epigrafe che la ricorrente ha impugnato con ricorso e non con motivi aggiunti ex art. 120, c. 7 c.p.a.
La pronuncia del T.A.R.
Il T.A.R. ha dichiarato il ricorso inammissibile per violazione dell’art. 120, comma 7, c.p.a. secondo cui “i nuovi atti attinenti alla medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti”.
Il Giudice ha evidenziato che, con tale disposto, “il legislatore ha inteso stabilire in via generale e in forma espressa che tutti i “nuovi” atti o provvedimenti che riguardano la “medesima” procedura di gara, già interessata da un contenzioso medio tempore instaurato, “devono” essere impugnati esclusivamente con “ricorso per motivi aggiunti” (cfr, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n. 5 e 26 aprile 2018, n. 4)”.
“La specifica disciplina della proposizione dei motivi aggiunti contro i “nuovi” atti, ai sensi dell’art. 120, comma 7, c.p.a., si pone in deroga a quella generale prevista nell’art. 43 c.p.a. secondo cui “i ricorrenti, principale e incidentale, possono introdurre con motivi aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte”.
A differenza dell’art. 43 c.p.a. che costituisce una facoltà (“possono”) dell’interessato, e non obbligo, introdurre mediante motivi aggiunti nel processo già instaurato, una nuova domanda avente ad oggetto l’impugnazione di un diverso provvedimento (c.d. motivi aggiunti impropri), con l’art. 120, c. 7 c.p.a. “la possibilità di proporre motivi aggiunti aventi ad oggetto la domanda impugnatoria è stata quindi esclusa dal legislatore per lasciare posto al dovere, che va inteso quale onere a carico dell’interessato, di proporre motivi aggiunti. Così come il ricorrente non può proporre un ricorso autonomo e separato, allo stesso modo, per evidenti ragioni di garanzia del contraddittorio, deve ritenersi precluso al giudice, qualora i “nuovi atti” siano stati impugnati con ricorso autonomo e separato, provvedere alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’articolo 70 c.p.a”.
“Si può in conclusione affermare che ciò che nel rito ordinario è eccezione (ossia facoltà di proporre motivi aggiunti) nel rito sugli appalti pubblici diviene regola (ossia onere di proporre motivi aggiunti)”.
Le conclusioni
Il T.A.R. conclude rilevando innanzitutto che “non è possibile ritenere che la disposizione in esame (art. 120 c.p.a.) costituisca un precetto senza sanzione e ciò sia per il principio di non contraddizione dell’ordinamento…”.
Pertanto, individua la “sanzione” “nell’escludere la possibilità per il ricorrente di giungere ad una pronuncia sul merito della controversia mediante il mezzo processuale eletto in violazione del divieto posto dalla legge. Il risvolto processuale della violazione di tale disposizione non può che essere l’inammissibilità del ricorso così proposto”.
A conclusione di ciò “il gravame proposto avverso l’aggiudicazione del lotto indicato in epigrafe è inammissibile; conseguentemente non possono essere accolte la domanda di subentro nel contratto medio tempore stipulato e, in mancanza di antigiuridicità della condotta della stazione appaltante, quella di risarcimento del danno”.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sez. II, con sentenza n. 610/2021 ha dichiarato il ricorso inammissibile.
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