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Competenze autorizzazione paesaggistica

Edilizia: Competenze autorizzazione paesaggistica e silenzio-assenso tra amministrazioni

Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 2640 del 29.03.2021

Il fatto

Con ricorso dinanzi al T.a.r. Sardegna (R.G. n. 1047/2017), la società impugnava il parere negativo espresso dal rappresentante del Servizio tutela del paesaggio di Sassari e Olbia, relativamente all’istanza volta al rilascio di un provvedimento unico avente ad oggetto l’autorizzazione per l’ampliamento di una struttura ricettiva turistica extra alberghiera sita nella fascia dei 150 metri dal mare nell’isola di La Maddalena.

La ricorrente depositava, ai sensi della L. 4/2009 art. 4, una dichiarazione unica di autocertificazione tesa ad ottenere i necessari titoli abilitativi relativi ad un progetto di ampliamento, adeguamento e riqualificazione dal punto di vista energetico e paesaggistico di detta struttura ricettiva turistica extralberghiera (recante “Interventi di ampliamento degli immobili a finalità turistico-ricettiva”). In particolare, il progetto prevedeva la creazione di un ampliamento volumetrico pari a 52,92 mq – inferiore al 10% ammesso ai sensi dell’art. 4 L. R. 4/2009 – e la realizzazione di un patio in parte coperto, mediante la sopraelevazione del fabbricato esistente.

Nelle more, la società ricorrente otteneva, l’accertamento di conformità per alcune opere interne ed esterne precedentemente realizzate. In vista della conferenza di servizi, il settore urbanistica e edilizia privata del Comune esprimeva parere favorevole all’intervento, giudicandolo conforme alle previsioni vigenti.

Si pronunciavano favorevolmente sull’intervento di ampliamento sia l’Ente Parco, sia la Regione Sardegna, giacché l’intervento veniva ritenuto privo di effetti aggiuntivi significativi sulle specie e gli habitat del SIC e della ZPS e pertanto non necessaria la sottoposizione alla procedura di incidenza. Del pari il Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale, esprimeva parere favorevole, in quanto gli interventi richiesti “riguardano un’area già trasformata e rientrano tra le previsioni dell’art. 20 RDL 1126/26, pertanto non assoggettati al regime autorizzatorio ex art. 7 R.D.L. 3267/23 ed ex art. 21 del RDL 1126/26”.

Il Servizio Tutela del Paesaggio regionale, però, riteneva l’intervento inammissibile in primo luogo per alcuni aspetti relativi all’interpretazione della normativa urbanistico-edilizia e paesaggistica ed in secondo luogo sotto il profilo dell’impatto paesaggistico. Ad avviso dell’Amministrazione Regionale, infatti, l’intervento non sarebbe conforme al P.P.R. (e non potrebbe derogarvi) e comunque le opere in progetto sarebbero di impatto dal punto di vista paesaggistico. Il Dirigente del SUAP, quindi, adottava il provvedimento unico di diniego, ritenendo prevalente ed ostativo tale assunto.

La pronuncia del T.A.R. Sardegna

Il T.A.R. Sardegna, Sezione II, con la sentenza n. 893 del 22 ottobre 2018, ha respinto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Il Tribunale, evidenziando le competenze relative al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ha statuito che:

Considerato che il quadro normativo vigente (art. 146, comma 5, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) affida all’amministrazione regionale la competenza al rilascio dell’autorizzazione in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela, previa acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza, in tal modo delineando una forma di “cogestione” regionale e statale della tutela paesaggistica delle aree soggetta a tutela, nel caso in cui la Soprintendenza, nel rendere in sede procedimentale il suo parere, non si pronuncia nei termini consentiti resta fermo il potere della Regione di decidere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento proposto, come del resto confermato dall’art. 146, comma 9, d.lgs. n. 42/2004”.

La pronuncia del Consiglio di Stato

L’originaria società ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso di primo grado. Preliminarmente il Collegio ha richiamato, in via generale, il costante indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato in proposito di tutela del paesaggio, competenze per l’autorizzazione paesaggistica e il silenzio-assenso tra amministrazioni, secondo cui:

“i) alla funzione di tutela del paesaggio (che il Ministero dei beni culturali esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione, essendo esso atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica, attraverso il quale, similmente a quanto avviene nell’espressione del parere di cui all’articolo 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, l’intervento progettato viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tecnica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, valutazione che è istituzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto. Questa regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev’essere, appunto, “tecnico” e “proprio” del caso concreto, applica il principio fondamentale dell’articolo 9 della Costituzione, il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili. Anche laddove, cioè, il legislatore abbia scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, essa non comporta comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si fonda su un espresso principio fondamentale costituzionale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1486; id., sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039; id., 15 gennaio 2013, n. 220).

ii) l’istituto del silenzio-assenso di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241/1990 non riguarda la fase istruttoria del procedimento amministrativo, che rimane regolata dalla pertinente disciplina positiva, influendo soltanto sulla fase decisoria, attraverso la formazione di un atto di assenso per silentium con la conseguenza che l’amministrazione procedente è, comunque, tenuta a condurre un’istruttoria completa e, all’esito, ad elaborare uno schema di provvedimento da sottoporre all’assenso dell’amministrazione co-decidente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559). Orbene, con riguardo al procedimento di autorizzazione paesaggistica non v’è dubbio che, alla stregua del ricordato articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004, il potere autorizzatorio appartiene in prima battuta alla Regione, spettando alla Soprintendenza un parere sulla proposta di provvedimento sottopostale dall’Amministrazione competente. Tale parere, sebbene vincolante, in via ordinaria cessa di esserlo se reso tardivamente e per di più può essere pretermesso in caso di sua mancata espressione, secondo quanto previsto dal comma 9 dell’articolo 146, come modificato dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133”.

Le conclusioni

Il Consiglio di Stato ha conclusivamente statuito che “Alla stregua di un’interpretazione sistematica di tali disposizioni (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2136; id., n. 4927/2015) e in particolare secondo quanto espressamente previsto dal primo periodo del comma 9, sussiste quindi un univoco indice normativo secondo cui, a seguito del decorso del termine per l’espressione del parere vincolante (rectius: conforme) da parte della Soprintendenza, l’organo statale non resti in assoluto privato della possibilità di rendere un parere; tuttavia il parere in tal modo espresso perderà il proprio valore vincolante e dovrà essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione preposta al rilascio del titolo.

Ne consegue, pertanto, che se nel corso di una prima fase (che si esaurisce con il decorso del termine di legge), l’organo statale può, nella pienezza dei suoi poteri di cogestione del vincolo, emanare un parere vincolante dal quale l’amministrazione deputata all’adozione dell’autorizzazione finale non potrà discostarsi (comma 8), successivamente l’amministrazione procedente “provvede sulla domanda di autorizzazione” (comma 9), essendo pertanto legittimata all’adozione dell’autorizzazione prescindendo in radice dal parere della Soprintendenza. Siffatto assetto di competenze, alla stregua dei principi sopra richiamati, non può essere stravolto per il solo fatto che l’autorizzazione paesaggistica debba essere acquisita in seno a una conferenza di servizi, né su di esso incide il meccanismo del silenzio-assenso tra amministrazioni di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241/1990.

Quest’ultimo – come detto – vale esclusivamente nei rapporti fra l’amministrazione “procedente” e quelle chiamate a rendere “assensi, concerti o nulla osta”, e non anche nel rapporto “interno” fra le amministrazioni chiamate a co-gestire l’istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi (nel caso di specie, Regione Sardegna e Soprintendenza). Analoghe considerazioni valgono per l’articolo 14-ter, comma 7, della medesima legge n. 241/1990, il quale, laddove considera acquisito senza condizioni l’assenso delle amministrazioni (ivi comprese quelle preposte alla tutela di interessi “sensibili” quale quello paesaggistico), si riferisce sempre agli “assensi” da rendere direttamente all’amministrazione procedente, laddove in questo caso la Soprintendenza – lo si ribadisce – era chiamata a esprimersi sulla proposta della Regione”.

In via definitiva, il Collegio ha anche rigettato le eccezioni con cui la ricorrente sosteneva la derogabilità del piano paesaggistico per effetto della l.r. n. 4/2009. In proposito ha evidenziato che:

l’avviso espresso dal T.a.r., del tutto condivisibile, risulta in linea con la giurisprudenza che ha marcato una netta distinzione fra pianificazione urbanistica e paesaggistica e ha previsto la derogabilità soltanto della prima da parte della legislazione regionale in materia di c.d. “piano casa” (cfr., da ultimo, Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 2020, n. 14242, ove, nel richiamare la giurisprudenza amministrativa, si afferma che, in ragione della gerarchia esistente fra pianificazione paesaggistica e pianificazione urbanistica, l’intervento del piano-casa può in generale limitatamente incidere sul solo profilo urbanistico e non anche su quello paesaggistico)”.

Il Consiglio di Stato, a seguito di una approfondita analisi delle competenze di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e del silenzio-assenso tra amministrazioni ha definitivamente pronunciato sull’appello R.G. n. 3636/2019 respingendolo.

Dal 1987 Lo Studio Legale Associato Rodio e Nico offre la propria assistenza nelle branche del Diritto Amministrativo (appalti, urbanistica, edilizia, concorsi pubblici, ecc…), del Diritto Costituzionale, del Diritto del Lavoro e del Diritto dell’Unione Europea.

Con una articolata sentenza in materia di edilizia, urbanistica e paesaggistica, il Consiglio di Stato ha ribadito e confermato le pronunce giurisprudenziali sulle competenze relative al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e sul silenzio-assenso tra amministrazioni.

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Il fatto

Con ricorso dinanzi al T.a.r. Sardegna (R.G. n. 1047/2017), la società impugnava il parere negativo espresso dal rappresentante del Servizio tutela del paesaggio di Sassari e Olbia, relativamente all’istanza volta al rilascio di un provvedimento unico avente ad oggetto l’autorizzazione per l’ampliamento di una struttura ricettiva turistica extra alberghiera sita nella fascia dei 150 metri dal mare nell’isola di La Maddalena.

La ricorrente depositava, ai sensi della L. 4/2009 art. 4, una dichiarazione unica di autocertificazione tesa ad ottenere i necessari titoli abilitativi relativi ad un progetto di ampliamento, adeguamento e riqualificazione dal punto di vista energetico e paesaggistico di detta struttura ricettiva turistica extralberghiera (recante “Interventi di ampliamento degli immobili a finalità turistico-ricettiva”). In particolare, il progetto prevedeva la creazione di un ampliamento volumetrico pari a 52,92 mq – inferiore al 10% ammesso ai sensi dell’art. 4 L. R. 4/2009 – e la realizzazione di un patio in parte coperto, mediante la sopraelevazione del fabbricato esistente.

Nelle more, la società ricorrente otteneva, l’accertamento di conformità per alcune opere interne ed esterne precedentemente realizzate. In vista della conferenza di servizi, il settore urbanistica e edilizia privata del Comune esprimeva parere favorevole all’intervento, giudicandolo conforme alle previsioni vigenti.

Si pronunciavano favorevolmente sull’intervento di ampliamento sia l’Ente Parco, sia la Regione Sardegna, giacché l’intervento veniva ritenuto privo di effetti aggiuntivi significativi sulle specie e gli habitat del SIC e della ZPS e pertanto non necessaria la sottoposizione alla procedura di incidenza. Del pari il Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale, esprimeva parere favorevole, in quanto gli interventi richiesti “riguardano un’area già trasformata e rientrano tra le previsioni dell’art. 20 RDL 1126/26, pertanto non assoggettati al regime autorizzatorio ex art. 7 R.D.L. 3267/23 ed ex art. 21 del RDL 1126/26”.

Il Servizio Tutela del Paesaggio regionale, però, riteneva l’intervento inammissibile in primo luogo per alcuni aspetti relativi all’interpretazione della normativa urbanistico-edilizia e paesaggistica ed in secondo luogo sotto il profilo dell’impatto paesaggistico. Ad avviso dell’Amministrazione Regionale, infatti, l’intervento non sarebbe conforme al P.P.R. (e non potrebbe derogarvi) e comunque le opere in progetto sarebbero di impatto dal punto di vista paesaggistico. Il Dirigente del SUAP, quindi, adottava il provvedimento unico di diniego, ritenendo prevalente ed ostativo tale assunto.

La pronuncia del T.A.R. Sardegna

Il T.A.R. Sardegna, Sezione II, con la sentenza n. 893 del 22 ottobre 2018, ha respinto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Il Tribunale, evidenziando le competenze relative al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ha statuito che:

Considerato che il quadro normativo vigente (art. 146, comma 5, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) affida all’amministrazione regionale la competenza al rilascio dell’autorizzazione in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela, previa acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza, in tal modo delineando una forma di “cogestione” regionale e statale della tutela paesaggistica delle aree soggetta a tutela, nel caso in cui la Soprintendenza, nel rendere in sede procedimentale il suo parere, non si pronuncia nei termini consentiti resta fermo il potere della Regione di decidere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento proposto, come del resto confermato dall’art. 146, comma 9, d.lgs. n. 42/2004”.

La pronuncia del Consiglio di Stato

L’originaria società ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso di primo grado. Preliminarmente il Collegio ha richiamato, in via generale, il costante indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato in proposito di tutela del paesaggio, competenze per l’autorizzazione paesaggistica e il silenzio-assenso tra amministrazioni, secondo cui:

“i) alla funzione di tutela del paesaggio (che il Ministero dei beni culturali esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione, essendo esso atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica, attraverso il quale, similmente a quanto avviene nell’espressione del parere di cui all’articolo 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, l’intervento progettato viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tecnica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, valutazione che è istituzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto. Questa regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev’essere, appunto, “tecnico” e “proprio” del caso concreto, applica il principio fondamentale dell’articolo 9 della Costituzione, il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili. Anche laddove, cioè, il legislatore abbia scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, essa non comporta comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si fonda su un espresso principio fondamentale costituzionale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1486; id., sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039; id., 15 gennaio 2013, n. 220).

ii) l’istituto del silenzio-assenso di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241/1990 non riguarda la fase istruttoria del procedimento amministrativo, che rimane regolata dalla pertinente disciplina positiva, influendo soltanto sulla fase decisoria, attraverso la formazione di un atto di assenso per silentium con la conseguenza che l’amministrazione procedente è, comunque, tenuta a condurre un’istruttoria completa e, all’esito, ad elaborare uno schema di provvedimento da sottoporre all’assenso dell’amministrazione co-decidente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559). Orbene, con riguardo al procedimento di autorizzazione paesaggistica non v’è dubbio che, alla stregua del ricordato articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004, il potere autorizzatorio appartiene in prima battuta alla Regione, spettando alla Soprintendenza un parere sulla proposta di provvedimento sottopostale dall’Amministrazione competente. Tale parere, sebbene vincolante, in via ordinaria cessa di esserlo se reso tardivamente e per di più può essere pretermesso in caso di sua mancata espressione, secondo quanto previsto dal comma 9 dell’articolo 146, come modificato dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133”.

Le conclusioni

Il Consiglio di Stato ha conclusivamente statuito che “Alla stregua di un’interpretazione sistematica di tali disposizioni (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2136; id., n. 4927/2015) e in particolare secondo quanto espressamente previsto dal primo periodo del comma 9, sussiste quindi un univoco indice normativo secondo cui, a seguito del decorso del termine per l’espressione del parere vincolante (rectius: conforme) da parte della Soprintendenza, l’organo statale non resti in assoluto privato della possibilità di rendere un parere; tuttavia il parere in tal modo espresso perderà il proprio valore vincolante e dovrà essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione preposta al rilascio del titolo.

Ne consegue, pertanto, che se nel corso di una prima fase (che si esaurisce con il decorso del termine di legge), l’organo statale può, nella pienezza dei suoi poteri di cogestione del vincolo, emanare un parere vincolante dal quale l’amministrazione deputata all’adozione dell’autorizzazione finale non potrà discostarsi (comma 8), successivamente l’amministrazione procedente “provvede sulla domanda di autorizzazione” (comma 9), essendo pertanto legittimata all’adozione dell’autorizzazione prescindendo in radice dal parere della Soprintendenza. Siffatto assetto di competenze, alla stregua dei principi sopra richiamati, non può essere stravolto per il solo fatto che l’autorizzazione paesaggistica debba essere acquisita in seno a una conferenza di servizi, né su di esso incide il meccanismo del silenzio-assenso tra amministrazioni di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241/1990.

Quest’ultimo – come detto – vale esclusivamente nei rapporti fra l’amministrazione “procedente” e quelle chiamate a rendere “assensi, concerti o nulla osta”, e non anche nel rapporto “interno” fra le amministrazioni chiamate a co-gestire l’istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi (nel caso di specie, Regione Sardegna e Soprintendenza). Analoghe considerazioni valgono per l’articolo 14-ter, comma 7, della medesima legge n. 241/1990, il quale, laddove considera acquisito senza condizioni l’assenso delle amministrazioni (ivi comprese quelle preposte alla tutela di interessi “sensibili” quale quello paesaggistico), si riferisce sempre agli “assensi” da rendere direttamente all’amministrazione procedente, laddove in questo caso la Soprintendenza – lo si ribadisce – era chiamata a esprimersi sulla proposta della Regione”.

In via definitiva, il Collegio ha anche rigettato le eccezioni con cui la ricorrente sosteneva la derogabilità del piano paesaggistico per effetto della l.r. n. 4/2009. In proposito ha evidenziato che:

l’avviso espresso dal T.a.r., del tutto condivisibile, risulta in linea con la giurisprudenza che ha marcato una netta distinzione fra pianificazione urbanistica e paesaggistica e ha previsto la derogabilità soltanto della prima da parte della legislazione regionale in materia di c.d. “piano casa” (cfr., da ultimo, Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 2020, n. 14242, ove, nel richiamare la giurisprudenza amministrativa, si afferma che, in ragione della gerarchia esistente fra pianificazione paesaggistica e pianificazione urbanistica, l’intervento del piano-casa può in generale limitatamente incidere sul solo profilo urbanistico e non anche su quello paesaggistico)”.

Il Consiglio di Stato, a seguito di una approfondita analisi delle competenze di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e del silenzio-assenso tra amministrazioni ha definitivamente pronunciato sull’appello R.G. n. 3636/2019 respingendolo.

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Dal 1987 Lo Studio Legale Associato Rodio e Nico offre la propria assistenza nelle branche del Diritto Amministrativo (appalti, urbanistica, edilizia, concorsi pubblici, ecc…), del Diritto Costituzionale, del Diritto del Lavoro e del Diritto dell’Unione Europea.

Con una articolata sentenza in materia di edilizia, urbanistica e paesaggistica, il Consiglio di Stato ha ribadito e confermato le pronunce giurisprudenziali sulle competenze relative al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e sul silenzio-assenso tra amministrazioni.

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Il fatto

Con ricorso dinanzi al T.a.r. Sardegna (R.G. n. 1047/2017), la società impugnava il parere negativo espresso dal rappresentante del Servizio tutela del paesaggio di Sassari e Olbia, relativamente all’istanza volta al rilascio di un provvedimento unico avente ad oggetto l’autorizzazione per l’ampliamento di una struttura ricettiva turistica extra alberghiera sita nella fascia dei 150 metri dal mare nell’isola di La Maddalena.

La ricorrente depositava, ai sensi della L. 4/2009 art. 4, una dichiarazione unica di autocertificazione tesa ad ottenere i necessari titoli abilitativi relativi ad un progetto di ampliamento, adeguamento e riqualificazione dal punto di vista energetico e paesaggistico di detta struttura ricettiva turistica extralberghiera (recante “Interventi di ampliamento degli immobili a finalità turistico-ricettiva”). In particolare, il progetto prevedeva la creazione di un ampliamento volumetrico pari a 52,92 mq – inferiore al 10% ammesso ai sensi dell’art. 4 L. R. 4/2009 – e la realizzazione di un patio in parte coperto, mediante la sopraelevazione del fabbricato esistente.

Nelle more, la società ricorrente otteneva, l’accertamento di conformità per alcune opere interne ed esterne precedentemente realizzate. In vista della conferenza di servizi, il settore urbanistica e edilizia privata del Comune esprimeva parere favorevole all’intervento, giudicandolo conforme alle previsioni vigenti.

Si pronunciavano favorevolmente sull’intervento di ampliamento sia l’Ente Parco, sia la Regione Sardegna, giacché l’intervento veniva ritenuto privo di effetti aggiuntivi significativi sulle specie e gli habitat del SIC e della ZPS e pertanto non necessaria la sottoposizione alla procedura di incidenza. Del pari il Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale, esprimeva parere favorevole, in quanto gli interventi richiesti “riguardano un’area già trasformata e rientrano tra le previsioni dell’art. 20 RDL 1126/26, pertanto non assoggettati al regime autorizzatorio ex art. 7 R.D.L. 3267/23 ed ex art. 21 del RDL 1126/26”.

Il Servizio Tutela del Paesaggio regionale, però, riteneva l’intervento inammissibile in primo luogo per alcuni aspetti relativi all’interpretazione della normativa urbanistico-edilizia e paesaggistica ed in secondo luogo sotto il profilo dell’impatto paesaggistico. Ad avviso dell’Amministrazione Regionale, infatti, l’intervento non sarebbe conforme al P.P.R. (e non potrebbe derogarvi) e comunque le opere in progetto sarebbero di impatto dal punto di vista paesaggistico. Il Dirigente del SUAP, quindi, adottava il provvedimento unico di diniego, ritenendo prevalente ed ostativo tale assunto.

La pronuncia del T.A.R. Sardegna

Il T.A.R. Sardegna, Sezione II, con la sentenza n. 893 del 22 ottobre 2018, ha respinto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Il Tribunale, evidenziando le competenze relative al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, ha statuito che:

Considerato che il quadro normativo vigente (art. 146, comma 5, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) affida all’amministrazione regionale la competenza al rilascio dell’autorizzazione in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela, previa acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza, in tal modo delineando una forma di “cogestione” regionale e statale della tutela paesaggistica delle aree soggetta a tutela, nel caso in cui la Soprintendenza, nel rendere in sede procedimentale il suo parere, non si pronuncia nei termini consentiti resta fermo il potere della Regione di decidere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento proposto, come del resto confermato dall’art. 146, comma 9, d.lgs. n. 42/2004”.

La pronuncia del Consiglio di Stato

L’originaria società ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso di primo grado. Preliminarmente il Collegio ha richiamato, in via generale, il costante indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato in proposito di tutela del paesaggio, competenze per l’autorizzazione paesaggistica e il silenzio-assenso tra amministrazioni, secondo cui:

“i) alla funzione di tutela del paesaggio (che il Ministero dei beni culturali esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione, essendo esso atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica, attraverso il quale, similmente a quanto avviene nell’espressione del parere di cui all’articolo 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, l’intervento progettato viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tecnica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, valutazione che è istituzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto. Questa regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev’essere, appunto, “tecnico” e “proprio” del caso concreto, applica il principio fondamentale dell’articolo 9 della Costituzione, il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili. Anche laddove, cioè, il legislatore abbia scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, essa non comporta comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si fonda su un espresso principio fondamentale costituzionale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1486; id., sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039; id., 15 gennaio 2013, n. 220).

ii) l’istituto del silenzio-assenso di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241/1990 non riguarda la fase istruttoria del procedimento amministrativo, che rimane regolata dalla pertinente disciplina positiva, influendo soltanto sulla fase decisoria, attraverso la formazione di un atto di assenso per silentium con la conseguenza che l’amministrazione procedente è, comunque, tenuta a condurre un’istruttoria completa e, all’esito, ad elaborare uno schema di provvedimento da sottoporre all’assenso dell’amministrazione co-decidente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559). Orbene, con riguardo al procedimento di autorizzazione paesaggistica non v’è dubbio che, alla stregua del ricordato articolo 146 del d.lgs. n. 42/2004, il potere autorizzatorio appartiene in prima battuta alla Regione, spettando alla Soprintendenza un parere sulla proposta di provvedimento sottopostale dall’Amministrazione competente. Tale parere, sebbene vincolante, in via ordinaria cessa di esserlo se reso tardivamente e per di più può essere pretermesso in caso di sua mancata espressione, secondo quanto previsto dal comma 9 dell’articolo 146, come modificato dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133”.

Le conclusioni

Il Consiglio di Stato ha conclusivamente statuito che “Alla stregua di un’interpretazione sistematica di tali disposizioni (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2136; id., n. 4927/2015) e in particolare secondo quanto espressamente previsto dal primo periodo del comma 9, sussiste quindi un univoco indice normativo secondo cui, a seguito del decorso del termine per l’espressione del parere vincolante (rectius: conforme) da parte della Soprintendenza, l’organo statale non resti in assoluto privato della possibilità di rendere un parere; tuttavia il parere in tal modo espresso perderà il proprio valore vincolante e dovrà essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione preposta al rilascio del titolo.

Ne consegue, pertanto, che se nel corso di una prima fase (che si esaurisce con il decorso del termine di legge), l’organo statale può, nella pienezza dei suoi poteri di cogestione del vincolo, emanare un parere vincolante dal quale l’amministrazione deputata all’adozione dell’autorizzazione finale non potrà discostarsi (comma 8), successivamente l’amministrazione procedente “provvede sulla domanda di autorizzazione” (comma 9), essendo pertanto legittimata all’adozione dell’autorizzazione prescindendo in radice dal parere della Soprintendenza. Siffatto assetto di competenze, alla stregua dei principi sopra richiamati, non può essere stravolto per il solo fatto che l’autorizzazione paesaggistica debba essere acquisita in seno a una conferenza di servizi, né su di esso incide il meccanismo del silenzio-assenso tra amministrazioni di cui all’articolo 17-bis della legge n. 241/1990.

Quest’ultimo – come detto – vale esclusivamente nei rapporti fra l’amministrazione “procedente” e quelle chiamate a rendere “assensi, concerti o nulla osta”, e non anche nel rapporto “interno” fra le amministrazioni chiamate a co-gestire l’istruttoria e la decisione in ordine al rilascio di tali assensi (nel caso di specie, Regione Sardegna e Soprintendenza). Analoghe considerazioni valgono per l’articolo 14-ter, comma 7, della medesima legge n. 241/1990, il quale, laddove considera acquisito senza condizioni l’assenso delle amministrazioni (ivi comprese quelle preposte alla tutela di interessi “sensibili” quale quello paesaggistico), si riferisce sempre agli “assensi” da rendere direttamente all’amministrazione procedente, laddove in questo caso la Soprintendenza – lo si ribadisce – era chiamata a esprimersi sulla proposta della Regione”.

In via definitiva, il Collegio ha anche rigettato le eccezioni con cui la ricorrente sosteneva la derogabilità del piano paesaggistico per effetto della l.r. n. 4/2009. In proposito ha evidenziato che:

l’avviso espresso dal T.a.r., del tutto condivisibile, risulta in linea con la giurisprudenza che ha marcato una netta distinzione fra pianificazione urbanistica e paesaggistica e ha previsto la derogabilità soltanto della prima da parte della legislazione regionale in materia di c.d. “piano casa” (cfr., da ultimo, Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 2020, n. 14242, ove, nel richiamare la giurisprudenza amministrativa, si afferma che, in ragione della gerarchia esistente fra pianificazione paesaggistica e pianificazione urbanistica, l’intervento del piano-casa può in generale limitatamente incidere sul solo profilo urbanistico e non anche su quello paesaggistico)”.

Il Consiglio di Stato, a seguito di una approfondita analisi delle competenze di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e del silenzio-assenso tra amministrazioni ha definitivamente pronunciato sull’appello R.G. n. 3636/2019 respingendolo.

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