Processo amministrativo: Sanzione per superamento limiti dimensionali atti
Consiglio di Stato, Sez. VI, ordinanza n. 3006 del 13 aprile 2021
Nel caso di superamento dei limiti dimensionali degli atti, l’art. 13-ter delle norme di attuazione del c.p.a., sanziona in termini (non di nullità, bensì) di “inutilizzabilità” le difese sovrabbondanti, in quanto il giudice è autorizzato a presumere che la violazione dei limiti dimensionali (ove ingiustificata) sia tale da compromettere l’esame tempestivo e l’intellegibilità della domanda.
Fatto
Ai sensi dell’art. 13-ter, delle norme di attuazione del c.p.a. “le parti sono tenute a redigere il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato”, precisando altresì che “il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti” e che l’“omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione”;
Tale limite dimensionale degli atti è stato individuato con il decreto del Presidente del Consiglio dello Stato 22 dicembre 2016, n. 167 che, con riguardo al rito del silenzio, lo ha fissato a 30.000 caratteri (corrispondenti a circa 15 pagine nel formato di cui all’articolo 8 dello stesso decreto).
Nella controversia in esame, avente ad oggetto l’illegittimità del silenzio inadempimento mantenuto dall’Amministrazione comunale, tali limiti sono stati superati: il ricorso in appello conta 37 pagine; la memoria difensiva di controparte conta 32 pagine; la memoria finale dell’appellata conta 31 pagine; la memoria di replica dell’appellante conta 21 pagine.
La decisione
Ha ricordato la Sezione che “la brevità dell’atto processuale (in termini di caratteri, pagine e battute) è appunto lo strumento attraverso il quale il legislatore ha inteso vincolare le parti a quello sforzo di “sintesi” giuridica della materia controversa, sul presupposto che l’intellegibilità dell’atto (e quindi la giustizia della decisione) è grandemente ostacolata da esposizioni confuse e causidiche”.
“In assenza (e aspettando) l’introduzione di meccanismi deflattivi, al fine di amministrare nel migliore modo possibile una imponente mole di contenzioso, il servizio giustizia, in quanto “risorsa scarsa”, ha bisogno della collaborazione dell’intero ceto giuridico”.
L’“[…]art. 13-ter delle norme di attuazione del c.p.a. […] sanziona in termini (non di nullità, bensì) di “inutilizzabilità” le difese sovrabbondanti, in quanto il giudice è autorizzato a presumere che la violazione dei limiti dimensionali (ove ingiustificata) sia tale da compromettere l’esame tempestivo e l’intellegibilità della domanda”.
“In questi termini va interpretata la disposizione che ha introdotto una deroga rispetto all’obbligo generalmente esistente in campo al giudice di pronunciare su tutta la domanda (il mancato esame delle difese sovrabbondanti non è infatti censurabile come vizio di infra-petizione)” e, pertanto, “la sinteticità non è più un mero canone orientativo della condotta delle parti, bensì è oramai una regola del processo amministrativo (che coinvolge peraltro anche il giudice: art. 3 c.p.a.), strettamente funzionale alla realizzazione del giusto processo, sotto il profilo della sua ragionevole durata (art. 111 Cost.)”.
Le conclusioni
In conclusione, “al fine di non “sorprendere” le parti in una fase caratterizzata dall’assenza di una applicazione sistematica da parte della giurisprudenza delle suddette conseguenze delle condotte difformi, è opportuno, nel rispetto del principio di leale collaborazione ex art. 2, comma 2, c.p.a., invitare le parti a riformulare le difese nei limiti dimensionali previsti, con il divieto di introdurre fatti, motivi ed eccezioni nuovi rispetto a quelli già dedotti”.
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