Edilizia: Destinazione d’uso di un immobile ha carattere oggettivo
Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 3665 del 10/05/2021
La destinazione d’uso di un immobile ha carattere oggettivo, pertanto è irrilevante l’utilizzo da parte di diverse tipologie di clientela se l’attività è svolta legittimamente sulla scorta della destinazione commerciale prevista e quindi assentita.
Il fatto
All’esito del giudizio di primo grado, respingendo il gravame proposto, il T.A.R. affermava che l’attività di riparazione e noleggio sci avviata all’interno del complesso alberghiero di proprietà della ricorrente, di per sé astrattamente legittima, non potesse essere aperta a soggetti “esterni”, ovvero diversi da quelli che utilizzano la medesima struttura alberghiera ai fini di pernottamento.
Con ordinanza n. 740 del 2020 il Consiglio di Stato accoglieva la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, stante la sussistenza dei “necessari presupposti, sia in termini di fumus boni juris, stante il carattere oggettivo della destinazione urbanistica (nel caso di specie limitata invero solo dal punto di vista soggettivo) ed il contenuto degli atti allegati all’originario titolo edilizio, sia in termini di periculum in mora, a fronte della natura e degli effetti degli atti impugnati nonché dei paventati danni all’attività economica, senza che nel bilanciamento di interessi prevalgano peculiari e distinti interessi pubblici”.
La sentenza
Il Consiglio di Stato ha evidenziato che “In linea di diritto, la destinazione urbanistica ha carattere oggettivo, essendo irrilevante l’estensione dell’utilizzo a diverse tipologie di clienti dell’attività che legittimamente viene svolta, sulla scorta della destinazione commerciale prevista e quindi assentita. Nel caso di specie, l’analisi del titolo edilizio legittimante la realizzazione dell’immobile interessato dalla vicenda sopra riassunta, evidenzia la sussistenza della invocata destinazione posta a base della s.c.i.a. inibita con l’ordinanza impugnata in prime cure. […]
In coerenza con il principio predetto, poi, nessuno degli atti rilevanti (il permesso di costruire, la delibera del consiglio comunale, l’atto di asservimento, gli elaborati tecnici allegati) indica che la predetta attività commerciale debba intendersi rivolta esclusivamente alle persone alloggiate nella struttura alberghiera. Ciò assume rilievo dirimente, rendendo l’attività conforme al titolo e, conseguentemente, legittima.
Né, peraltro, una opposta previsione limitativa avrebbe logica urbanistica, atteso che, come anticipato, la destinazione d’uso è oggettiva, cioè riferita alla tipologia di attività generalmente ammissibile, non meramente soggettiva, in base alla tipologia di soggetti coinvolti; che nel caso di specie, peraltro, lo sono solo sul versante passivo, cioè di fruitori esterni rispetto a coloro che svolgono l’attività”.
Le conclusioni
La Sezione ha concluso affermando che “il rispetto della destinazione urbanistica dell’immobile riguarda la parte che legittimamente, in base alla pianificazione ed al titolo, utilizza il bene; laddove sia prevista destinazione ed utilizzo commerciale, la legittimità urbanistico – edilizia è rispettata, senza che, in assenza di specifiche limitazioni normative o di piano (la cui ragionevolezza e legittimità andrebbe ulteriormente vagliata) possa rilevare una specifica categoria soggettiva limitata di utenti”.
Il Consiglio di Stato, quindi, confermando il principio per cui la destinazione d’uso di un immobile ha carattere oggettivo e il tipo di clientela è irrilevante se l’attività svolta è legittima secondo la destinazione commerciale, ha accolto il ricorso e ha riformato la sentenza impugnata.
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