Silenzio assenso e certificazione agrituristica: limiti diniego tardivo
Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 10383 del 30.11.2023 (Rassegna giurisprudenziale)
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 10383/2023, ha stabilito che il diniego tardivo di una certificazione agrituristica non può avere effetto se nel frattempo si è formato il silenzio assenso. La decisione ribadisce che
“il silenzio assenso è un principio generale posto a presidio della celerità dell’azione amministrativa, nonché della semplificazione e della certezza dei rapporti con i cittadini”
e che un eventuale diniego successivo non può vanificare un diritto già acquisito.
Il caso
Un’imprenditrice agricola aveva presentato alla Regione Lombardia una domanda per ottenere il certificato di connessione tra attività agricola e agrituristica, necessario per avviare un agriturismo. Trascorsi i termini per la conclusione del procedimento, si era formato il silenzio assenso. Tuttavia, mesi dopo, la Regione aveva respinto la richiesta, sostenendo che il requisito di ruralità dell’immobile era venuto meno a seguito di una revisione catastale operata dall’Agenzia delle Entrate. Sul punto il Consiglio di Stato ha chiarito che
“non è logico ritenere che il silenzio assenso non si sarebbe formato in base alla dichiarazione ‘falsa’, rivelatasi per effetto di un successivo annullamento retroattivo di un provvedimento favorevole da parte di un’amministrazione diversa da quella procedente”.
Questa affermazione sottolinea che il mutamento delle condizioni amministrative non può cancellare automaticamente un diritto già acquisito.
La decisione del Consiglio di Stato
Dopo il rigetto del ricorso presentato al TAR Lombardia, l’imprenditrice ha impugnato la decisione innanzi al Consiglio di Stato, che ha ribaltato la sentenza di primo grado e ha sancito che
“una volta maturato il silenzio assenso, non può essere neutralizzato da un atto amministrativo successivo, se non attraverso l’annullamento d’ufficio”.
Il provvedimento tardivo della Regione, pertanto, è stato ritenuto illegittimo. Il Collegio di Palazzo Spada ha ribadito che “la mancata applicazione della disciplina sul silenzio in considerazione della frapposizione di un ‘filtro’ non previsto dalla legge comporterebbe la neutralizzazione della forza della disposizione sul silenzio, posta a garanzia dei cittadini” e, in assenza di un atto di autotutela formale, il silenzio assenso acquisisce pieno valore legale e amministrativo.
Implicazioni della sentenza: silenzio assenso e certificazione agrituristica
La decisione evidenzia l’importanza del rispetto dei termini procedimentali da parte della Pubblica Amministrazione, rafforzando il diritto dei cittadini alla certezza giuridica. La sentenza ha implicazioni rilevanti per gli imprenditori agricoli, garantendo loro maggiore tutela e confermando che le amministrazioni devono rispettare i termini stabiliti dalla legge per evitare la formazione del silenzio assenso. Se un titolo viene rilasciato erroneamente, l’unico strumento valido per correggere l’errore è l’annullamento d’ufficio con motivazioni adeguate, senza possibilità di diniego tardivo. Il Consiglio di Stato ha affermato che
“se l’efficacia ex tunc dell’autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate incidesse automaticamente sull’esito di un procedimento già chiuso, senza necessità di agire in riesame, sarebbe paradossale non riconoscere all’annullamento giurisdizionale, con pari effetto ex tunc, la capacità di ripristinare lo status quo alla data di formazione del silenzio assenso”.
Questa considerazione rafforza la posizione dei privati nei confronti delle amministrazioni pubbliche, impedendo decisioni arbitrarie e tardive.
Conclusioni
La sentenza del Consiglio di Stato si conforma ad altri precedenti giurisprudenziali significativi per la tutela delle imprese agricole e agrituristiche, ribadendo il valore del silenzio assenso, l’obbligo delle amministrazioni di concludere i procedimenti nei termini previsti e conferma il principio della certezza giuridica nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione. Secondo il Consiglio, quindi,
“il principio di legalità impone che, una volta formato il silenzio assenso, l’amministrazione non possa agire discrezionalmente per annullarne gli effetti senza rispettare la procedura prevista per l’annullamento d’ufficio”.
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