Cambio cognome paterno: Consiglio di Stato n. 8422/2023
Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza n. 8422 del 19.09.2023 (rassegna giurisprudenziale)
La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 8422/2023 chiarisce i criteri per il cambio cognome dal paterno al materno, enfatizzando la tutela dell’identità personale e familiare.
Il Caso
Una cittadina ha richiesto alla Prefettura di Prato il cambio cognome dal paterno al materno, motivando la domanda con l’assenza affettiva e materiale del padre e il disagio personale e sociale derivante dall’uso del cognome paterno. La Prefettura aveva respinto l’istanza, considerando il cognome elemento stabile e identificativo e contestando la mancanza di prove documentali adeguate.
La decisione del Consiglio di Stato
Il TAR Toscana aveva accolto il ricorso della cittadina per carenza di motivazione nel provvedimento della Prefettura. L’Amministrazione ha poi impugnato la decisione al Consiglio di Stato, sostenendo la necessità di ulteriori prove documentali. Il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello stabilendo che il diritto al nome è fondamentale, tutelato dalla Costituzione come diritto inviolabile all’identità personale:
“Il diritto al nome […] è un diritto fondamentale ed assoluto della persona, la cui funzione è quella di radicare e collegare l’individuo con la propria comunità familiare di appartenenza; tale diritto trova la sua copertura costituzionale nell’art. 2 Cost., come diritto all’identità personale inviolabile”.
La sentenza, inoltre, precisa che:
“Le motivazioni addotte dalla richiedente sono indicative di una palese divergenza tra la sua identità personale ed il cognome che le è stato attribuito, che costituisce espressione di un vincolo familiare con il padre, che nella realtà non vi è stato”.
Il Prefetto, nel decidere sul cambio del cognome, deve bilanciare l’interesse privato con quello pubblico alla stabilità degli elementi identificativi, evidenziando eventuali interessi pubblici contrari in modo chiaro e dettagliato.
Possibili implicazioni della sentenza
Sul punto, il Consiglio di Stato ha posto in evidenza che nella
“sentenza n. 135 del 10 maggio – 4 luglio 2023, la Corte Costituzionale […] ha ripercorso la propria giurisprudenza sul diritto all’identità personale e sul diritto al nome, dichiarando l’illegittimità dell’irragionevole compressione del diritto inviolabile all’identità personale. Ha richiamato, in particolare, la sentenza n. 286 del 2016, secondo cui “il diritto al nome [sarebbe] indissolubilmente collegato al diritto all’identità personale e che la protezione di esso sostanzi e determini realizzazione di quest’ultima”.
“È emersa, quindi, una particolare sensibilità sul tema del “cognome”, come testimonianza del legame del figlio con entrambi i suoi genitori, o, se si vuole, con ciascuno di essi, in quanto l’assegnazione del cognome deve intendersi funzionale alla migliore costruzione dell’identità del figlio”.
Questa pronuncia riconosce maggiore tutela al diritto di cambiare il cognome paterno per motivi di identità personale e affettiva. Le Amministrazioni devono quindi svolgere istruttorie approfondite, coerenti con l’evoluzione giurisprudenziale, senza limitarsi a criteri formali o documentali per respingere una richiesta.
Conclusioni
La sentenza, con la quale si conclude che
“il provvedimento impugnato in primo grado sia affetto da difetto di motivazione e di istruttoria e che, pertanto, sia meritevole di annullamento, così come deciso con la sentenza di primo grado”
rappresenta un significativo passo avanti nel diritto al cambio cognome dal paterno al materno, affermando che le motivazioni personali e affettive possono prevalere sugli interessi pubblici, purché adeguatamente argomentate.
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